Andera Castello: Silvana Moyso, come si vuole descrivere in poche parole nel 2012?
Silvana Moyso: In poche parole sento che ho ancora molto da dare. Mi sento un’artista che si è molto preparata, che ha molto studiato e studia ancora, e non mi sono mai sentita arrivata. Vorrei ancora il palcoscenico e mi è stata offerta una Vedova Allegra nel 2013 guarda caso nell’anno dei miei 40 anni di carriera. Ho debuttato protagonista di Puritani il 28 settembre 1973 al Teatro Nuovo di Milano.
A.C.: Con il passare degli anni e quindi con il consolidamento della sua esperienza artistica, quali cambiamenti positivi e negativi, ha notato nel mondo del teatro inteso come organizzazione interna: cast, scelta del repertorio, ecc..?
S.M.: Onestamente non ho notato dei cambiamenti positivi, ma piuttosto un deterioramento dovuto al divulgarsi di incompetenza. Il potere è stato affidato a persone ricche di titoli di studio non inerenti all’arte, che non possono comprendere nulla di canto, teatro e tradizione. Si aggiunge alla lista lo squallore della televisione che ha creato soltanto una gran confusione, proponendo falsi modelli di artisti quasi amatoriali o fai da te. Infine le diseducative trasmissioni dei bambini che scimmiottano gli adulti plagiando gli ascoltatori. Un ennesimo esempio di mezzo di comunicazione usato per creare business sulla pelle altrui.
A.C.: La scelta dell’insegnante di canto è fondamentale anche perché può incidere sul futuro professionale di una persona e, soprattutto, sulla formazione ed educazione della sua corda vocale; quando Lei insegna canto ad un ad un allievo cosa prova e quali domande si pone, data la grande responsabilità?
S.M.: Quando insegno, provo un grande senso di responsabilità, a volte anche troppo materno. Dal primo momento m’immedesimo nelle possibilità della creatura che ho di fronte. Mi chiedo se potrà affrontare il suo futuro con il canto o comunque con la musica. Molto spesso e con la massima delicatezza possibile, cerco di affrontare l’argomento con l’allievo stesso. È necessario che sia consapevole di quello che dovrà sicuramente affrontare oltre lo studio.
A.C.: Molti giovani cantanti debuttano in teatro, magari in un ruolo primario, e subito diventano “artisti affermati” limitando in primis lo studio con il proprio insegnante. Lei come insegnante, ma anche come cantante, che opinione e soprattutto che consiglio ha per questi “cantanti” che magari con un ruolo si credono “arrivati”?
S.M.: L’opinione mia è dimostrata dagli innumerevoli avvenimenti che ho vissuto in questi 40 anni di carriera. La maggior parte degli artisti e dei cantanti che hanno studiato male o troppo poco, non sono sopravvissuti in questa giungla. Potrei fare un elenco di nomi con denaro e conoscenze che avrebbero potuto strapagare maestri disgraziati e agenti assassini. La verità in ogni caso si scolpisce a sipario aperto con ruoli molto impegnativi; l’edificio di conoscenze politiche, soldi e raccomandazioni crolla inesorabilmente.
A.C.: Ricevere dei NO insegna a migliorarsi, a continuare con più tenacia approfondendo i propri limiti e trovare una soluzione anche e soprattutto attraverso lo studio; dire dei NO è segno di responsabilità e professionalità soprattutto quando ci vengono proposti dei ruoli in età prematura per la nostra corda vocale oppure un repertorio che non ci appartiene. Lei come descrive i NO che ha ricevuto (se ci sono stati) e i NO che ha dovuto dire?
S.M.: I “NO” che ho ricevuto riguardavano spesso dei ruoli prima offerti e poi soffiati da raggiri di agenzie e direttori artistici che promettevano senza mantenere. Io ho dovuto dire qualche “NO” in vista di ruoli completamente fuori dalla mia vocalità e dal repertorio. Ho constatato che mi sono stati offerti perché io rifiutassi potendo così affermare “La Moyso non è disponibile”. In una delle tante, un agente rifiutò dieci recite di Traviata nel circolo dei teatri emiliani dicendo che ero impegnata. Venni a conoscenza del fatto soltanto anni dopo.
A.C.: Secondo Lei è fondamentale che un cantante per essere formato “in toto” e quindi iniziare una carriera debba assolutamente saper cantare Bellini, Mozart e Donizzetti?
S.M.: Di “assolutamente” non c’è nulla per iniziare la carriera. Con qualunque ruolo, piccolo o grande che sia, l’importante è continuare a studiare. Sono dell’idea che i tre autori citati nella domanda siano importantissimi, specialmente Bellini. Ha scritto delle arie deliziose dove impari il legato, il fraseggio (il bel canto), e il “Sig.” Recitativo. Non sono dello stesso parere per Mozart, poiché per cantare questo autore con il giusto approccio vocale e di stile è necessario aver già imparato a cantare. Ecco un esempio: l’arietta da camera “Vaga luna” di Bellini la si può cantare nei “primi passi”, ma non è così per “Voi che sapete” o altre arie di Mozart che sembrano innocenti, ma ti mettono con le spalle al muro. Il nostro Gaetano Donizzetti è geniale, e ci propone una vasta gamma di repertorio sul quale condurre i “primi passi”. Dalle arie da camera in napoletano antico per esempio; non siamo obbligati a cercarci dei guai con la Anna Bolena. Vorrei ricordare fieramente il nostro Rossini, semplicemente meraviglioso, ci mette a disposizione “chilometri” di agilità per studiare. Una buona dose di tecnica di virtuosismi fa bene a tutti e insegna a pronunciare. Infine io la amo, la consiglio e non la trascuro, si chiama: “Opera Francese”.
A.C.: Da insegnante di canto, con esperienza in materia e sicuramente una gavetta che ha consolidato le proprie conoscenze, che reazione ha vedendo alcuni giovani cantanti che non giungendo al successo si riciclano come “insegnanti di canto”?
S.M.: Ringrazio per la domanda questa è un’altra nota dolente, anzi un “cluster”. Tutti “insegnano” canto, la maggior parte non sono cantanti, a volte strumentisti e a volte neppure musicisti. Esistono musicologi, giornalisti, semplici ma intestarditi appassionati d’opera che si lanciano in nuove teorie sul canto rovinando molti ragazzi. Bisognerebbe denunciarli, ad ogni angolo ci sono corali guidate da rovinavoci che fanno “lezione” di canto. È un autentico flagello. Altro terreno minato è quello dei foniatri: attenzione a chi si sceglie. Una mia amica li ha chiamati fognatri, poiché infognano il cervello oltre alla voce. Ringrazio Dio e i miei maestri per avermi insegnato veramente bene e tanto. Grazie a una grande scuola non ho avuto bisogno di questi “illustri” fac-simili “maestri”. Un po’ di colpa è anche degli studenti di canto. Dovrebbero cercare referenze sulla persona cui affidano la loro voce, sia sul piano umano che artistico. La prova del nove è uscire dalla lezione di canto con la voglia di cantare e se si è entrati con mal di gola, sentire sollievo dopo aver cantato. Cantare fa bene alla mente e al corpo, non deve mai diventare una sofferenza o un tormento, altrimenti meglio cambiar lavoro o cambiar maestro.
A.C.: Come descrive e soprattutto cosa si può fare secondo Lei, per questa crisi che compromette la cultura del nostro paese, in questo caso la cultura musicale? Vede un futuro per i giovani che vogliono intraprendere questa strada impegnativa e piena di sacrifici?
S.M.: Ne parlo spesso con Eva Mei di questa crisi di cultura musicale. Siamo in pochi che vogliamo combattere. Si possono fare tante cose, ma è sempre una questione di volontariato, tanta fatica e tante parole spese. Credo che i giovani tenaci e di talento riusciranno sempre a farsi una strada. Non credo nelle polemiche, tanto gira e rigira, si passa da una malattia a una crisi a una guerra, insomma la storia ha il suo ritornello. L’unica cantilena che ha sempre suonato incessantemente è l’allegro motivetto del “non ci sono soldi” più raffinatamente detto “ci sono i tagli”. I soldi sono stati orrendamente sprecati e rubati lo sappiamo, e i sacrifici sono sempre stati chiesti alle stesse persone. Su questo punto avrei molto da dire, i miei allievi ne sono al corrente. A proposito di sacrifici: quando si ama una professione come questa, i sacrifici non si sentono poiché mutano in amore.
A.C.: Parlando della Sua carriera: qual è il personaggio che più Le appartiene e quale invece non Le piaceva? Nel secondo caso: come può superare un cantante il dover affrontare una parte adatta alla propria corda vocale ma, inadatta alla propria interpretazione?
S.M.: Il personaggio che ho amato e che amo di più tuttora è Violetta. È il personaggio che mi ha fatto decidere di cantare, le violette sono anche i miei fiori preferiti insieme al profumo. Non mi piaceva e non mi piace tutt’ora il ruolo di Micaela perché amo Carmen. Non mi piace Mimì perché non amo le gatte morte in generale. Preferisco Musetta, e mi fa innervosire Desdemona già leggendo Shakespeare, grande maestro nello scuotere le menti e gli animi. Si può cantare e interpretare anche un personaggio che non si ama, è nostro dovere studiarlo ancora di più proprio perché si fatica a digerirlo psicologicamente. Personalmente ne ho interpretati molti.
A.C.: Cosa della Sua esperienza in teatro e sicuramente dei Suoi sacrifici vuole trasmettere ai Suoi allievi?
S.M.: Voglio trasmettere una cosa soltanto: amare la strada che si è scelta incondizionatamente, non cedere mai, così i sacrifici non pesano. Fare un passo alla volta e non guardare la cima della montagna.
A.C.: Alcuni insegnanti di canto presso i conservatori a volte confondono la vera identità vocale dell’allievo oppure, nel peggiore dei casi, al primo acuto ben fatto del giovane studente, impongono di studiare parti (arie addirittura ruoli) che potrebbero compromettere la “salute” della corda vocale, essendo adatte ad una voce più matura e con una tecnica ben consolidata. Come insegnante di conservatorio quali consigli si sente di dire a questi colleghi che, ultimamente troppo spesso rovinano la voce del giovane?
S.M.: Il tempo in conservatorio è poco, ma consiglio ai miei colleghi di insistere sulla tecnica con grande pazienza e successivamente sull’eccellenza delle esecuzioni. Come sempre non si può fare un regola per tutti, io mi adeguo persona per persona, è qui che entrano in gioco le capacità psicologiche dell’insegnante di canto. La cosa più difficile e più importante è riconoscere la vocalità dell’allievo per poter assegnare un repertorio. Molto difficile, perché oggi gli allievi arrivano spesso e volentieri con un repertorio e le loro idee, “freschi di YouTube” o armati di mp3 e cuffiette. Quasi tutti hanno difficoltà col solfeggio e le idee confuse, balzano da “O sole mio” a Turandot. Purtroppo in conservatorio le ore dedicate al canto sono pochissime. Abbiamo dodici ore la settimana per dodici allievi e occorrerebbero almeno due ore per allievo alla settimana, ma questo passa il convento da Roma. Ci sono stati tempi in cui avevamo fino a sedici allievi per classe. Ora con il triennio i ragazzi sono sconvolti da giornate e pomeriggi interi dedicati ad altre discipline. Il discorso sarebbe lungo, complicato e delicato. Ci vorrebbero anni di vocalizzi e di studi calmi e accurati, in modo da abituare lo strumento senza stress ad affrontare la resistenza necessaria. Pensate alle ballerine, non cominciano dalle punte, nemmeno i pianisti cominciano da Rachmaninoff, e così via. Questo è il mio pensiero, ma in conservatorio manca il tempo per un accurato e calmo lavoro minuzioso. I programmi sono pesanti, ed estenuanti soprattutto con il nuovo ordinamento. Credo che dall’alto dell’ignoranza collettiva si sia voluto livellare tutto, ricordo la storica risposta “Ma di lavoro cosa fai?” alla ben nota affermazione “Io sono un cantante lirico”.
A.C.: Quali sono i suoi prossimi impegni?
S.M.: Continuerò a studiare per mantenermi in forma per poter fare degli esempi vocali di buon livello ai miei studenti. Il canto è psicologia e imitazione. Finché potrò non c’è miglior scuola che sentire cantar bene, intonati, con un bel fraseggio e con una sentita interpretazione di alto livello artistico. Altri impegni sono concerti, master e la mia preparazione per la futura Vedova Allegra che più che allegra sarà “matura”.
Silvana Moyso
Silvana Moyso ha studiato con Bettina Lupo ed ha completato gli studi musicali al conservatorio di Torino con il massimo dei voti. Successivamente, si è perfezionata per tre anni a Milano con Elvira Rodriguez de Hidalgo (maestra della Callas). Ha vinto numerosi concorsi nazionali e internazionali, ricordiamo: ENAL di Palermo 1972, ASLICO-Spoleto 1973, primo assoluto internazionale Peschiera del Garda(1973 voci pucciniane), Viotti 1973 primo premio internazionale, RAI-TV 1974 (Voci liriche dal mondo) primo premio internazionale quale specialista per la musica francese, Genova 1975 “Voci nuove per la lirica” primo premio.
Ha debuttato protagonista ne “I Puritani” di Bellini al Teatro Nuovo di Milano diretta da Bruno Rigacci il 28 settembre 1973. Da allora ha cantato ruoli da protagonista debuttando in oltre settanta opere nei più prestigiosi enti lirici italiani ed europei: Teatro Verdi di Parma “Bohéme” ’74 dir. Masini, Regio di Torino “Carmen” dir. Maag ’75-’76, Regio Di Torino Fauré e Debussy dir. A. Gavazzeni, (attività protratta fino alla recente “Vedova allegra” diretta da Peter Maag).Ricordiamo inoltre la “Bohéme” dir. Rinaldi ’75-’76 all’Opera di Roma, al Teatro di Bordeaux “Italiana in Algeri”,nel ’75-’76 la Scala di Milano con“Le vin herbé” dir. Müller ‘77, lo Sferisterio di Macerata con “Assassinio nella cattedrale” dir. Masini ‘78, Amsterdam e Rotterdam “La traviata” ’79 (tourneé di 30 recite in Germania), San Carlo di Napoli e Verdi di Trieste “Cenerentola” dir. Ferro ‘80-‘82,la Deustche Opera di Berlino con la “Bohéme” dir. Patané ‘82, ICC di Berlino “La traviata” dir, Guadagno ’82, Opera di Montecarlo “Anna Bolena” ‘86; inoltre fra i ruoli più noti ricordiamo “Trovatore” “Pagliacci” e “Tosca” nei grandi teatri di tradizione. Ha cantato sotto la guida di illustri maestri tra cui ricordiamo da G. Gavazzeni, Molinari Pradelli,Peter Maag, Maurizio Arena, Ferro, Rivoli, Chailly fino a Daniel Oren. Ha inciso per la RAI-TV Italiana, Svizzera, Tedesca, Francese e per la Fonit Cetra. Per oltre 10 anni ha cantato in duo, recitals con il maestro Roberto Cognazzo in Italia ed Europa. Vastissimo il repertorio di musica da camera e sacra preparato ed eseguito nelle lingue originali. Interprete eccellente di operetta al Verdi di Trieste in“Scugnizza”, “Vedova allegra” regia di Gino Landi trasmesse dalla TV Italiana. È stata insignita di numerose onorificenze tra cui ricordiamo “Il chiostro d’argento” Catania (’88) con S. Gazzelloni e A. Protti.
Attualmente ricopre la cattedra di canto al conservatorio Giuseppe Verdi di Torino e collabora nell’insegnamento con illustri colleghi quali, Mirella Freni, Alessandro Corbelli ed Eva Mei.
Giorgio Gualerzi su “L’opera” (febbraio 2000 n. 137) l’ha ricordata tra le migliori vocaliste del Belcanto-Renaissance. Rodolfo Celletti, recensendo un suo disco, ha affermato che i cantanti piemontesi sono pochi, ma se non ci fossero bisognerebbe inventarli.
Intervista di Andrea Castello, Presidente dell’associazione Concetto Armonico. 16 febbraio 2012 © Concetto Armonico