Intervista a Bruno de Simone

Bruno de Simone: Leporello, Arena 2012

Andrea CastelloMi viene spontaneo iniziare questa intervista chiedendole: cosa significa per lei la parola “buffo” nel mondo dell’Opera lirica?
Bruno de Simone: “Buffo” è un tipo di artista, che mi piacerebbe non confinare solo all’Opera Lirica e che ha nel suo DNA la capacità di rendere leggero ed ironico qualsiasi testo che abbia a che fare con ciò che discende dalla commedia o, in genere differente, ad essa si riferisca. Pregio e virtù principali di questa tipologia di interprete sarebbe la capacità di arrivare al limite senza mai oltrepassarlo, anche quando diviene buffo “caricato” ( “Geronimo” de Il Matrimonio segreto, ad esempio,…per intendersi) che talvolta arriva di più ad un certo pubblico ma che nulla ha a che vedere con ciò che hanno concepito i grandi musicisti che hanno creato personaggi che nel contesto della trama risultano appartenere al “buffo” ma che hanno nella vena malinconica la vera chiave di lettura. Più che all’effetto ridanciano si dovrebbe mirare a suscitare tenerezza per tener fede a questa figura: il tutto con una vocalità importante che mai indulga al “parlato” e che anzi sappia cantare tutto “seriamente” ivi compreso il sillabato.

A. C.: Una carriera brillante fin da quanto lei aveva 22 anni: prestigiosi palcoscenici, eccellenti
direttori d’orchestra, riconoscenze, ecc. Con quale spirito di continuità (data la sua lunga
carriera) intraprende anche oggi la sua attività di cantante? Insomma, il buffo che c’è oggi
è uguale a quello di inizio carriera?
B. de S.: E’ da 32 anni che mi dedico in prevalenza a questo repertorio e non ho mai abbandonato la mia visione interpretativa. Anche se un artista è pur sempre figlio del suo tempo e, quindi, come tale, sia giusto che si aggiorni, credo che l’unica strada percorribile sia quella della fedeltà assoluta alla musica ed al testo, come rispetto del compositore e del librettista: a conferma di ciò, “vivono” le interpretazioni di tanti grandi del passato che risultano attualissime e moderne.

A. C.:  Mozart, compositore straordinario che in pochi anni ci ha donato un patrimonio musicale
sublime: come studia Mozart Bruno De Simone? Da quando apre lo spartito a quanto va in
palcoscenico per le prove e recita.
B. de S.: Il metodo di studio che applico alla mia preparazione non differisce gran che da un compositore ad un altro se non per la pertinenza stilistica che io giudico fondamentale: parto sempre dal testo per scegliere un “colore” di voce appropriato, curando in maniera quasi maniacale lo “spelling”: uno dei motivi principali per i quali tanti giovani sono riottosi nell’interessarsi all’opera, a loro stesso dire, è il non comprendere tutte le parole e quindi il senso della scrittura musicale connessa ad esse!

A. C.: Mozart, Rossini, Donizetti da una parte Verdi e Puccini dall’altra. Compositori che
compaiono nel Suo vastissimo repertorio. Come affronta le “due schiere”? Naturale che: la
tecnica, la preparazione, lo studio siano i medesimi ma, cosa aggiunge e cosa toglie?
B. de S.:  Pur rispettando la peculiarità di ogni compositore, come dicevo sopra, il metodo è uguale: sono per moderare questa eccessiva “specializzazione” ad un repertorio anzi che ad un altro perché ogni compositore serve ad arricchire il proprio bagaglio tecnico, arma essenziale per la longevità e sviluppo delle proprie possibilità. In effetti sono arrivato a cantare Verdi, Puccini ed anche oltre… perché credo di essere riuscito a trarre giusto profitto dal “cantare” i compositori di epoche precedenti a cominciare dai grandi del ‘700. E se noi guardiamo ai grandi interpreti che abbiano avuto vita lunga, non solo del mio repertorio, constatiamo che hanno frequentato diversi repertori…

A. C.:  A lei faccio una domanda molto tecnica e diretta: respiro per la bocca o respiro dal naso? Quali i suoi segreti.
B. de S.: Diciamo che è sempre buona norma igienica inspirare dal naso per due motivi fondamentali: il primo è perché l’aria in entrata, prima di raggiungere la trachea viene “riscaldata” nel transito rino faringeo e quindi non va a raffreddare la gola; ed il secondo, più importante, è che respirando dal naso vi è la certezza che le fosse nasali siano libere e non ostruite. Se così non fosse, si avrebbe allora l’effetto della nasalità della fonazione con una conseguente riduzione degli armonici utilissimi se non fondamentali ad una buona e fisiologica proiezione della voce.

A. C.: Un altro segreto che può esserci utile: come si prepara Bruno de Simone prima di una
recita?
B. de S.: Al mattino del giorno di ogni recita faccio un paio di esercizi di respirazione e quattro cinque serie di vocalizzi: è preferibile fare questo al mattino, perché poi, se ben esercitata, la voce risponde molto meglio nel pomeriggio quando comunque uso cantarmi buona parte del mio ruolo.

A. C.:  Che vocalità richiede il bel canto? E quindi, parlando di baritoni, un cantante che non sia
Mozartino o Donizettiano, o ancora Rossiniano, quando può dirsi pronto per scegliere e
interpretare un repertorio più lirico?
B. de S.: Il belcanto richiede vocalità “snelle” e che suonino uguali in tutti i registri ed altezze di suono: è solo così che si può ottenere un bel suono che è alla base del “belcanto”. Il problema di oggi è che si passa da un estremo ad un altro e, cioè, da vocalità schiacciate che praticano, ad esempio Rossini, a vocalità larghe che sono ancora il residuo di un modo di cantare appartenuto agli anni ’60 e ’70 in cui si è equivocato il timbro con il colore di una voce e quindi, nella mia corda, ad esempio, si tendeva a scurire artificiosamente il colore quasi che ciò legittimasse a poter accedere ad un repertorio drammatico con risultati discutibili e discontinui. Credo che la scelta di un repertorio dipenda molto dalla tecnica che fino a quel momento hai acquisito, che, a sua volta può essere arricchita ed ampliata dal primo…

A. C.:  Il problemi dei baritoni è l’età. La maturazione vocale per un baritono (soprattutto per un
baritono lirico), arriva in età superiore ai trent’anni. Ma attendere i 33/34 anni per
presentarsi ad audizioni o anche concorsi (visto che il limite di età anche per i concorsi
fortunatamente sta salendo) è così sbagliato e poco producente o può essere segno di
intelligenza verso il proprio strumento vocale? Non voglio dire che prima di questa età non
si possano eseguire molti concerti e parti da comprimario per farsi esperienza…, ma non si
può nemmeno eseguire Germont in Traviata o Scarpia in Tosca?
B. de S.: Ho cari colleghi che hanno iniziato in … età matura a studiare canto e, ciò nonostante, sono arrivati ben presto ad intraprendere una carriera eccellente, o, viceversa, ci sono tanti casi in cui si inizia presto, come me, ma che ritengo più rischiosi: la muta della voce si completa sui 27-28 anni, per l’uomo, e sui 25-26 per la donna, circa. Quindi è molto delicato iniziare a cantare ruoli di un certo impegno prima di questo. Direi che non vi è una regola precisa; mi è capitato, in qualcuno dei master-class cui mi dedico talvolta di ascoltare giovani colleghi più che promettenti ma che si erano addirittura diplomati con brani di repertorio assolutamente inadeguato rispetto alle loro caratteristiche, pregi e limiti di quel momento. Dopo aver consigliato loro di affacciarsi ad altro, ne ho constatato i progressi e la maggiore attendibilità. Cioè voglio dire che molte volte… ormai, la scelta di un repertorio viene fatta affidandosi ai limiti tecnici di una voce più che alle sue potenzialità e qualità. Ecco perché nell’arco dello studio ed anche di una carriera bisogna aver a che fare con diversi repertori!

A. C.: Lei al termine di una recita in Arena di Verona mi fece una domanda che mi colpì molto,
una domanda intelligentissima che fortunatamente si distingue da tutte le altre che noi
cantanti facciamo dopo una recita al nostro miglior confidente: “Com’è stato il mio
personaggio”? Domanda egregia! Io ora la rivolgo a Lei: Come definisce il suo personaggio
in palcoscenico?
B. de S.:  Ci sono svariate sfaccettature dei personaggi che interpreto e che cerco di valorizzare in egual misura; ma una su tutte ci tengo in particolare che venga fuori ed è l’umanità. Posso riallacciarmi al concetto del buffo: c’è sempre un lato umano in ogni personaggio ma in quelli del buffo, direi, ancor di più, e da/per questo che viene da sorridere, in fondo, perché il nostro carattere è permeato di fragilità ed insicurezza… come chi aggredisce che lo fa essenzialmente per paura…! Ma per fare ciò è indispensabile che pur nello sforzo totale di rendere intelligibile ogni parola, si canti e non si tenda a “parlare” nell’intento di caricare, tentazione che il buon gusto e, ove possibile, il proprio bagaglio culturale dovrebbero tenere alla larga.

A. C.: Quanto un baritono come Bruno de Simone dopo circa settanta titoli debuttati, allena la
voce? E se posso, come allena la sua voce o meglio qual è il vocalizzo più adatto per basso
buffo del nostro tempo?
B. de S.:  Ricordo molto bene quello che mi disse Alfredo Kraus con cui ebbi il grande privilegio di cantare: il segreto di una buona e duratura forma vocale è quello di non smettere mai di studiare e, soprattutto, di non considerarsi mai arrivati, ed io aggiungerei che per praticare questo occorre tanta umiltà, dote sempre più desueta… Io cerco di tener fede a questo prezioso consiglio allenandomi spesso. Sui vocalizzi credo che non ce ne siano specifici per ogni categoria vocale ma semplicemente utili o inutili, quando non addirittura dannosi…

A. C.:  La lirica di oggi e la lirica di ieri (di qualche anno fa), cosa si sente dire un grande che sta
vivendo questo passaggio a volte drammatico?
B. de S.:  Ritengo questa la domanda più impegnativa di tutte. Non è una sensazione, purtroppo, che ci sia sempre meno voglia di concorrere e gareggiare con le proprie armi e perciò si trascuri sempre più la preparazione constatando i numerosi casi di tanti cantanti che, affidandosi all’uso di armi non … sempre “convenzionali” si presentano ad appuntamenti di ben maggiore impegno rispetto alla propria preparazione. Il dramma è proprio questo, che ci sono tante belle voci ma sfruttate male o anzi tempo da gente di pochi scrupoli: non a caso, sarà molto difficile risalire ad un livello di interpreti quale quello che abbiamo avuto nello scorso decennio, quando i veri grandi avevano dovuto fare una trafila molto dura per arrivare poi ad essere tali.

A. C.: Faccio la stessa domanda quasi a tutti i grandi. Vediamo giovani con voci strepitose che
dopo qualche anno di successi dovuti anche all’abbinamento giovane età – voce “grande”,
perdono il loro timbro, sorgono problemi spesso irrisolvibili e, ahimè, si mettono ad
INSEGNARE CANTO. Cosa ne pensa?
B. de S.:  E’ chiaro che diviene un’ esigenza di sopravvivenza rivolgersi alla didattica, se si termina la carriera artistica anzi tempo e, come tale, rispettabile e comprensibile. Non sempre però si riesce a far tesoro della propria esperienza e trasmettere, attraverso i propri errori, opportuni ammonimenti ed insegnamenti che possano beneficiare un giovane alle prime armi: bisogna vedere caso per caso…

A. C.: Sbadiglio, palato, sorriso, e chi più ne ha più ne metta, così in due parole se dovesse dire
come si canta, cosa afferma?
B. de S.: Di teoria sul canto lirico e sulla corretta impostazione vocale è stato scritto molto… Garcia in primis! Credo che la respirazione sia il primo tema da approfondire, e poi il conseguente “suono in maschera” , che non richiede particolari sforzi della muscolatura facciale, o della cavità orale, ma è piuttosto legato ad una corretta pronuncia delle vocali e delle consonanti. Ho dedicato molti anni di studio alla ricerca di questo equilibrio, che mi consentisse di cantare senza sforzo, ma permettendo alla voce di sviluppare timbro e sonorità.

A. C.: Come costruisce il Suo rapporto con il direttore d’orchestra? Lei ha lavorato e sta
lavorando con i più grandi direttori d’orchestra che naturalmente esigono sempre di più,
oltre che la voce?
B. de S.:  Pur tenendo grande rispetto del direttore d’orchestra, anche quando a dirigermi è una persona amica, uso sempre avere uno scambio di pareri o vedute consono ai differenti ruoli che si occupano. Ho avuto anche significative gratificazioni: a volte, mi è capitato di proporre dettagli musical interpretativi molto diversi da quelli che mi erano stati proposti da grandi bacchette, che poi invece sono stati acquisiti da loro stessi , che si sono anche molto compiaciuti con me!

A. C.: Il sogno nel cassetto di Bruno de Simone ancora da realizzare?
B. de S.:  Ci sono vari sogni… Uno su tutti però, che si ritorni a fare musica con lealtà, onestà e professionalità: l’uso di mezzi impropri, ripeto, rischia di macchiare in modo indelebile l’ambiente musicale e teatrale come purtroppo avviene sempre più spesso anche in altri campi. Varrebbe la pena che noi artisti ci riferissimo sempre al pubblico, giudice supremo, anziché cercare alleanze e sostegni pilotati ,talvolta addirittura da agenzie che riescono a condizionare anche il giudizio di critici se loro legati… A parte questo desiderio di ritorno a un’etica… non solo professionale, oltre al continuo ampliamento di repertorio, mi piacerebbe un giorno dirigere un Teatro, dove fare una politica di avvicinamento dei giovani a questa meravigliosa Arte, e di approfondimento di tanti autori, dimostrando che anche con spesa ridotta si può fare ottimo teatro!

A. C.:  Una parola per “Concetto Armonico” e per i soci presenti e quelli che si vogliono associare.
B. de S.: Ai cari amici di Concetto Armonico e a chi volesse associarsi, dico innanzi tutto “grazie”!. Questo tipo di iniziative sono fondamentali per sostenere il nostro settore e noi le sentiamo molto vicine, in quanto spontanee e formate da persone libere di giudicare, di esprimere i propri consensi o anche i propri dissensi. Voi avete anche la responsabilità di creare nuovi “adepti” guidandone i gusti ed anche affinando i vostri con confronti continui, comunicando tra di voi. Credo proprio che associarsi voglia dire rendere “attiva” e documentata una passione per una forma espressiva d’arte che, senza sostegni ed interessi adeguati, rischia di passare dalla crisi ad una sorta di agonia. Se assistiamo al proliferarsi di associazioni di appassionati a sport, calcio “in primis”, a maggior ragione dobbiamo auspicare l’incremento di un’associazione come “Concetto Armonico” i cui soci sono legati tra di loro da una passione così nobile come la musica e l’opera che, se condivisa, può senz’altro portare ad un grande arricchimento spirituale e culturale .

Bruno de Simone: Leporello, Arena 2012

Intervista di Andrea Castello, Presidente dell’associazione Concetto Armonico. 
03 Settembre 2012 © Concetto Armonico